Osservo il suo primo composit e faccio quasi fatica a riconoscerne il volto. E’ così diverso oggi, eppure lo sguardo è lui, lo ritrovo là dietro.
Mi accorgo – non so dire se con stupore o senza - che il luogo è il medesimo del mio composit: abbiamo fatto le fotografie nella stessa agenzia…curioso?
Sorrido triste, irosa e compassionevole.
Eravamo così giovani e così teneramente ingenui,
(onnipotenti e immortali, traboccanti di sogni e ambizioni come antichi crateri funerari intatti)
ma chi non lo è a quell’età?
Noto anche che i suoi occhi sono piccoli e stretti, già allora, tipici delle persone letali che nascondono segreti inconfessabili più a se stesse che agli altri. Penso che avrei dovuto tenere in considerazione questo particolare fin da subito. Già.
La mia innocenza, invece, è rimasta la stessa di sempre. Un miracolo.
La purezza incorruttibile della prima stella alpina che sboccia al principio di ogni primavera, che si trasforma ogni volta restando ciò che è.
Nella piccola ma luminosa e caleidoscopica stanza si affolla dio solo sa quanta gente. Perché mia sorella mi disprezza e mi osteggia ancora con tanto rancore? La mia casa è invasa. Aiuto. Ma chi sono tutte ‘ste persone? Alcuni volti conosciuti sembrano risalire da una bruma lontana e galleggiare sospesi nel fumo soffocante.
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Nell’hollywoodiana villa degli amici di famiglia, mi ritrovo a giocare e scherzare coi bocia in una gigantesca vasca da bagno stracolma di acqua calda invitante. Un vento gelido e prepotente sopraggiunge improvviso e allora - completamente nuda e ferina – me ne vado danzando sicura di stanza in stanza a chiudere le finestre rimaste aperte, ma quante cazzo sono?
Mia madre mi segue sbraitando, mi ossessiona, mi perseguita. Ufff. Non ce la fò più. Non so nemmeno più se sbuffare o ringhiare. Grrr. Decido di andarmene. Sbatto la porta medievale con disperata veemenza incolore.
Troppi déja-vu.
Come in sogno, mi ri-scopro fra le braccia della mia presunta anima gemella. Stiamo facendo l’amore (o è solo sesso? tanto con lui è l’unico caso in cui non c’è differenza. forse) mentre gli rivelo, con una semplicità tale da sembrare la verità più fasulla e complicata che esista al mondo, che lo amo, a modo mio, ma che non voglio/posso continuare così.
Difficile, doloroso...inevitabile?
Non-è-possibile-andare-avanti-così. Dall’altra parte solo silenzio e vuoto. Come al solito. Sorriso sarcastico, ghigno pietoso o costruita indifferenza? Niente di tutto ciò andrebbe comunque bene, per lui. Spreco e perdita. Perciò, nauseata e delusa per l’ennesima volta, decido di andarmene, alla fin della fiera; e non posso fare a meno di augurarmi che questa sia davvero l’ultima.
Ma questa è un’altra storia. O no?
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E adesso perché, poi, mi sta seguendo, perché continua a perseguitarmi? Se non mi vuole, che mi lasci andare una buona volta! Come può la sua sciocca mente limitata anche solo per un attimo pensare di potermi distrarre con discorsi di danaro, birra e sentimenti in un vagone affollato sospeso per aria? Come fa a non comprendere che non puoi mescolarli tutti insieme, con tale leggerezza e noncuranza poi, come fossero ingredienti mal assortiti di un’immonda ricetta.
Continuo a chiedermi – nonostante sappia già la risposta dentro di me – come mai il cervello degli uomini funzioni come fosse un semplice e abnorme mono-neuropeptide.
E, soprattutto, perché-cakkio questo qui non vuole entrare e ficcarsi una buona volta e per sempre nell’oblio del mio Cimitero Maschile personale?
Nel frattempo, il solito carovecchioamico, fedele e noioso, cerca di consolarmi con prevedibili parole, ma io non sto nemmeno ad ascoltarlo naturalmente… che sia geloso, almeno un poco? E cos’è poi questa gelosia in cui si ostinano tanto tutti.. Beh, non mi riguarda.
Come scrisse qualcuno, pare che l’esilarante (per lo spettatore, ovvio, molto meno per l’attore) vita degli uomini alla fine sia banalmente governata dall’unico e capriccioso Dio Amichinontamanonamichitama.
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Ri-eccolo. I suoi occhietti cattivi di faina mi dardeggiano e feriscono senza posa. Vattene! urlo nella mia testa. Ti prego resta, supplico in un sussurro. Ma fà qualcosa, magari addirittura di imprevedibile e sorprendente o ma sì dai anche qualsiasi cosa purchè non sia patetica e miserabile, almeno per una volta, concludo nei miei pensieri necessariamente rinchiusi. Vane speranze riposte nel luogo sbagliato, come da vecchio copione consunto e obsoleto.
Ora basta però.
A pochi metri di distanza, la cantautrice più amata dalla folla racconta di una storia parecchio simile, com’è ovvio. E mi fissa, delicata e insistente, complice e incoraggiante. Lentamente inclino il capo sulla spalla sinistra e mi limito ad osservare. Sembra che abbia mal di gola: un setoso foulard color del cielo nel Solstizio protegge e risalta il suo collo da modigliani.
Ma la forza, l’energia e la determinazione della sua voce e del suo intento arrivano duri e incorruttibili come il diamante puro al 100%.
Mi ricordano qualcosa dentro me seppellito così in profondità che sono giunta perfino a dimenticarne l’esistenza.
Eppure parlano proprio a me, cantano gli stessi dolori e il comune potere. Cantano la resurrezione delle ossa nel deserto mistico.
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Ecco allora che sono tornata in volo all’antica Montagna Verde e che accompagno per mano una giovane fanciulla sul sentiero ripido e scivoloso nutrito dalle ricche piogge del nord. Incontriamo l’ormai a me noto SaggioCavallo che ci viene incontro e parla col suo ermetico linguaggio comprensibile solamente a chi porta l’impronta del non-umano. Commenta, fra il serio ed il faceto come è sua prerogativa, un sigillo recuperato dagli appunti del Master che vuole io non dimentichi più.
ARTE, eros e thanatos, sogni e distruzione, le portentose pennellate multiformi di una vita odorosa temporaneamente alla deriva oppure persa al largo della sua eterna traversata ai confini del mondo. Così piena e ricca eppure ancora percepita come un polposo frutto lasciato ad avvizzire ai piedi del nocciolo, scordato dai più. O impossibile da raggiungere. Cosa cambia infine? Tutto. Anche se il risultato può essere lo stesso, il modo per ottenerlo fa la differenza. Sempre e comunque. E' inutile che ti dimeni come un illuso forsennato, lo sai che è così.
E’ il Viaggio che conta davvero, non tanto la meta, sentenzia risoluto il druido storpio.
Promozionali palme di plastica stagliate su mare asciutto disegnato con pastelli sbiaditi e sole freddo come pallida ombra di qualcosa che è altrove.
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La minuta e ammiccante settantenne ha una fulva chioma fluente come quella di una bambina serafica. Sembra un abitante del Piccolo Popolo: non invecchia mai veramente.
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Torna sempre quella voce a martellarmi con un battito cardiaco aritmico: è inutile continuare a far finta che la nauseante e gretta collega, proprio come la cosiddetta ex-amica, non ti ammorbi con la sua sudicia meschineria, e che il lavoro di ufficio sia sopportabile ancora a lungo. Non lo è. La vita fittizia non è più accettabile. Non è la tua. Quando ti deciderai a darci un taglio netto? Forse quando sarai stata fatta in tanti ordinati pezzettini - senza quasi accorgertene finchè sarà ormai troppo tardi - e verrai servita rigida come un benconfezionato piatto di sushi-sashimi misto?
Congelata statua legata e imbavagliata. Riflesso del passato.
Ma
Il tempo del GIAGUARO azzurro ora è giunto.
E così la Sacerdotessa – dopo anni di vagabondare smarrita nel mondo con abiti monacali – decise di tornare alla sua Terra d’origine e di compiere il suo destino. La notte del suo ritorno vi fu un’imponente eclissi che benedisse quel sacro allineamento planetare che chi sapeva attendeva paziente da lungo tempo.
Il suo popolo celebrò come si addice alla Dea, con riti creativi di fertilità, fantasia, fede, magia, potere e mistero.
Misteri che è vietato raccontare. Soltanto vivere.
1 commento:
non riuscivo a crderci ed a staccarmi da queste parole...le quali, in realtà, come anche tu ben sai...non sono parole...:)
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